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A volte sono felice, a volte triste

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Il racconto di sé ai compagni prosegue ora individuando ciò che piace e non piace, ma soprattutto ciò che ci rende felici e ciò che ci rende tristi. I bambini hanno espresso con molta naturalezza e spontaneità i loro pensieri, raccontandosi con estrema sincerità. Dopo il racconto ognuno ha scelto due colori: uno per le cose che gli piacciono e uno per quelle che non gradisce. Con questi due colori ha disegnato due cerchi, uno nella parte destra e uno nella parte sinistra del foglio.

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Successivamente ha disegnato, direttamente con i pennarelli, ciò che lo rende felice e ciò che lo rende triste.

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Questo semplice raccontarsi sarà il punto di partenza per le successive attività finalizzate all’ascolto di storie, alcune lette dall’insegnante altre inventate direttamente dai bambini. Diventerà quindi ricorrente l’attività del raccontare: “Raccontare storie è educare, elevare: non è una pratica oziosa. (…) Sebbene alcuni usino le storie come puro intrattenimento, esse sono, nel senso più antico, un’arte curativa” C.P.Estes L’importanza di leggere libri ai bambini in età prescolare e raccontargli favole trae le sue radici in una delle risorse umani più importanti: la creatività. Nell’ascoltare il bambino mette in moto la propria immaginazione che permette di rappresentarsi sul piano visivo ciò che gli viene raccontato. Questa trasformazione dalla parola ascoltata in immagine mentale creata è la base dalla quale si sviluppa la possibilità di trasformare le situazioni che si vivono, trovando nuove soluzioni ai problemi. Inoltre, l’identificandosi con i personaggi delle storie aiuta il bambino a far emergere la propria identità e le emozioni che sente, ma non riesce ad identificare o ad esprimere: la matrigna che abbandona i figliastri nel bosco aiuta a raccontare la rabbia verso la mamma, riconoscendo tale sentimento e trasformandolo in positivo con la continuazione della favola e il ritrovamento di una mamma con cui riabbracciarsi. Le stimolazioni visive di cartoni animati televisivi (già dannose prima dei 3 anni del bambino, per l’effetto deleterio che svolgono sullo sviluppo cerebrale e sulla capacità di concentrazione del bambino) stimolano la partecipazione emotiva alla storia, ma lasciano il bambino passivo di fronte alle immagini che passano davanti ai loro occhi, non attivando l’immaginazione e limitando l’identificazione con personaggi ben delineati e non adattabili alla volontà del bambino. Inoltre, nell’ascoltare un adulto che legge o racconta una storia, il bambino può interagire: facendo domande, interrompendo se si è perso qualche pezzo del racconto, chiedendo di rileggere una frase che ha colpito molto e decidendo di far terminare la storia in modo differente. L’importanza delle storie raccontate ai bambini va ben oltre: l’atmosfera di magia condivisa con i genitori crea sicurezza e senso di protezione nel bambino, doni che egli si porterà con sé per il resto della vita e che gli daranno forza nei momenti di sconforto. Come dice C.P. Estes: “Sempre, quando si narra una favola, cala la notte. Non importa il posto, il tempo o la stagione: raccontare favole fa sì che un cielo stellato e una luna bianca spuntino dai cornicioni e si librino sulle teste degli ascoltatori. Talvolta, alla fine del racconto la camera è piena di luce, altre volte resta un frammento di stella, o un lembo di cielo tempestoso. Qualunque cosa resti, è il dono con cui lavorare, da usare per la fattura dell’anima”. Oltre alla relazione e alla stimolazione dell’immaginazione e della creatività, il beneficio si riscontra sul piano linguistico: i bambini imparano più vocaboli ed espressioni linguistiche e molti studi hanno messo in relazione la lettura ad alta voce a bambini in età prescolare con la maggiore facilità nell’apprendimento scolastico.

Maestra Laura

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